Domenica 16.02.2014 ha avuto luogo la maratona di Kyoto. Penso si trattasse della terza edizione ma non ne ho la certezza, in rete non sono riuscito a trovare nulla di ufficiale a riguardo. Non in Italiano o in inglese almeno. Ne sono venuto casualmente a conoscenza poco più di un mese fa, e sin dal principio sono stato combattuto se parteciparVi o meno. Quando poi ho saputo che le iscrizioni erano chiuse ormai da tempo ho tirato un grossissimo sospiro di sollievo! Sapevo di non essere preparato ma allo stesso tempo sarebbe stata un ottima opportunità per stampare in maniera indelebile nella mia mente quarantadue lunghissimi chilometri e centonovantacinque metri di questa affascinante città. Da una parte ci tenevo particolarmente perché giusto quest’anno ricorrono dieci anni dalla mia prima (e penultima!) maratona di New York, e sarebbe stato bello sancire il tutto con un’altra impresa, ma dall’altra, solo il pensiero di prendere parte nuovamente ad uno strazio simile non mi avrebbe dato tregua per il resto dei miei giorni post iscrizione.
Ho deciso comunque di partecipare come contorno e sono partito alla volta di Sanjo per rendere omaggio, incitare e salutare e i valorosi guerrieri a pochi metri dal traguardo.
Ero sopratutto curioso di vedere tutto ciò che ruotava attorno a questa manifestazione. New York nel suo giorno di gara è una festa incredibile e in cuor mio speravo lo fosse anche Kyoto, ma probabilmente, se davvero si è trattata solamente della terza edizione, è ancora troppo presto perché ciò accada. Una maratona è un evento che ha bisogno di parecchio tempo prima che venga metabolizzato dalla massa e considerato tale. Nella mia città per esempio, nonostante stia prendendo sempre più piede anche grazie ad atleti di grosso calibro attirati dalla bellezza del percorso e dalla sapiente organizzazione, maratona è ancora sinonimo di disagio, strade chiuse e traffico rallentato, e se mai qualcuno si trovasse ai bordi delle strade, non sarebbe li per incitarti ma per urlarti: “Mòete dialo can che ghe la partìa ancò e go da passar cò la machina mi!“. Vai a spiegarlo tu alla gente che invece maratona a New York significa festa, sinergia, allegria, solidarietà, feeling, parate, turismo, introiti e opportunità lavorative per molti. A Verona, ma in Italia in generale, se non c’è una palla di mezzo non esiste un motivo valido per fermare una città!
Sono arrivato al traguardo pochi minuti dopo l’arrivo dei primi che di fatto non catturavano minimamente il mio interesse. Chiamiamolo se vogliamo spirito di solidarietà, ma avendo corso entrambe le mie maratone in stato di semi incoscienza e senza un briciolo di preparazione, ricordo ancora perfettamente il dolore e la forza di volontà necessari per poter portare a termine un impresa del genere, e sono fermamente convinto che il tempo di arrivo al traguardo sia inversamente proporzionale al dispendio psicologico al quale si è sottoposti. Ero pertanto in netto anticipo, i miei eroi sarebbero arrivati solo qualche ora più tardi.
Ho motivo di credere che si possa imparare veramente tanto del carattere di una persona osservando con cura il suo modo prepararsi ad un evento simile, non la gara fine a se stessa quindi ma anche i periodi precedenti e successivi. La mia maniera di relazionarmi ad essa infatti è stata praticamente identica a quella che utilizzo per approcciarmi alla vita. Curiosità, umiltà, entusiasmo, ma anche sufficienza, incostanza, superficialità e sorriso perenne anche se non c’è un cazzo da ridere!
Non ci vuole un genio quindi per capire che se la vita fosse una gara ad eliminazione io sarei spacciato! Ne sono talmente consapevole che non Vi prenderei nemmeno parte, ma mi fermerei al bar adiacente la partenza ad aspettare la mia ora chiacchierando allegramente!
Fortunatamente però come prima accennato io accosto la vita ad una maratona anziché a qualsiasi altra manifestazione atletica in cui arrivare ultimi rappresenterebbe solamente una sconfitta. Nella maratona come nella vita la sola sconfitta possibile è la rinuncia o l’abbandono. Almeno io la vedo così. Non ho pretese particolari se non quella di portare a termine ciò che ho cominciato ed osservare entusiasta tutto ciò che quei quarantacinque lunghissimi chilometri mi metteranno davanti. (Si lo so, sono 42,195 ma la maratona degli occhi è ben più lunga, comincia ai punti di ritrovo e finisce a quelli di ristoro collocati solitamente qualche centinaia di metri dopo l’arrivo!)
Personalmente non avendo avuto ambizioni di tempo, non mi sono preparato adeguatamente, ne la prima ne la seconda volta. Non conosco ancora il significato di lunghi, ripetute, carichi, defaticamento e terminologie varie e non ho mai seguito nemmeno tabelle, se mi va corro, sennò no!
Così è come nella vita. Non ho mai avuto le idee chiare su niente ne tanto meno una vocazione. Non ho mai saputo cosa avrei voluto fare da grande, e non lo so tutt’ora. Per questo non mi sono mai preparato adeguatamente con studi mirati o sacrifici in funzione di. Però devo dire che me ne frego altamente! Questo mio stato di precarietà mentale mi mantiene giovane e non mi ha mai creato disagi. Dò parecchio ascolto alle sensazioni, e se in maniera assolutamente non ponderata sento di dover fare una cosa la faccio, poi quando mi trovo in balia degli eventi magari ci penso su, ma ormai è troppo tardi, e se anche non conosco il motivo che mi ha portato fino li, vedo come gestire la cosa e portarla a termine per trarne qualcosa che se anche apparentemente non mi da riscontri oggettivi, sono sicuro che inconsciamente lo faccia, e rimango tutt’ora dell’idea che in un futuro prossimo tutto mi tornerà chiaro!
La vita oggi mi ha portato in Giappone, a fare i conti con una lingua che non conosco e con un ambiente differente dal mio, mentre quel 7 novembre del 2004 mi ha spedito a New York, anche quella volta a fare i conti con una disciplina che fino ad allora ignoravo ed in mezzo a gente che conduceva uno stile di vita in quel periodo completamente diverso dal mio!
Ma torniamo alla Maratona di Kyoto! Ci sarà tempo un giorno per descrivere in maniera dettagliata la mia Maratona di New York e i motivi che mi hanno spinto a parteciparVi.
Dicevo prima che la maratona è come la vita, c’è chi la prende seriamente e chi no! Facendo io parte della seconda categoria, seguire l’arrivo dei primi atleti ha provocato in me un senso di forte noia, tanto che ho deciso praticamente subito di abbandonare la postazione ed andare a mangiare un boccone! Non è tanto per un discorso di invidia o complesso di inferiorità, quanto per un fatto di incompatibilità, siamo diversi, tutto qui!
I primi, ovvero quelli che arrivano mediamente entro le tre, quattro ore, sono ossessionati dal tempo. Sono metodici, precisi, freschi, persino pettinati! Sono vestiti di tutto punto, tecnici, e già a quattrocento metri dall’arrivo mettono mano al cronometro per essere sicuri di stopparlo esattamente quel nano secondo in cui attraverseranno la linea. Guardano sempre e solo dritto davanti loro, le grida della folla apparentemente non li scompongono, corrono per se stessi e non interagiscono con la manifestazione. Che gli spettatori siano li o meno quasi non fa differenza. (Chiaramente sto generalizzando ed enfatizzando, è noto che fa piacere a tutti essere osservati ed incitati e questo fa differenza eccome sulla prestazione di uno sportivo!).
Mi piace pensare che questi siano in qualche maniera quelli che tirano anche le fila della società, quelli che sin da piccoli sapevano già cosa fare, avvocati, commercialisti, broker, banchieri, gente cazzuta insomma, che se non ci fossero loro… ahimè! Persone da giacca e cravatta, quadrate, metodiche, abituate al sacrificio, insomma personalità a cui dare del Lei e magari perché no da invidiare anche. Però ecco, a livello emotivo ad uno spettatore anti agonista come me, durante una gara non suscitano emozioni!
Non è cattiveria ma cavoli non ti battono un cinque neanche a morire, mica possono farsi due metri in più e perdere del tempo prezioso per il contorno! D’altronde sono puntuali, sapevi esattamente quando sarebbero arrivati, mica ti fanno aspettare come gli ultimi che chissà quando arrivano e se arrivano!
E allora io sto con i miei simili! Vado a mangiare quando passate Voi e torno quando qualcuno sarà disposto a battermi un cinque per ringraziarmi dell’attesa, quando si girerà galvanizzato mentre urlo il suo nome, o quando lo vedrò arrivare, nonostante il caldo, nonostante la fatica, vestito in smoking per provocare delle emozioni al prossimo e trasformare una maratona in una festa!
Non me ne vogliano i primi, ma io sono affine ai pagliacci. Partecipo per l’essenza e non mi batto contro il tempo.
Domenica, come nella mia vita ho scelto gli ultimi, e mi sono divertito! Ma Voi primi della classe continuate a primeggiare perché il mondo ha bisogno di Voi, e qualche volta anche io!
P.S. Se mai ce ne fosse stato bisogno ho avuto la prova che la fotografia non fa per me! Sono uscito di casa con il solo telefonino nonostante possegga una discreta fotocamera e sapessi già che avrei visto cose interessanti. A parte pochi scatti decenti ho perso l’attimo per scattare in ordine sequenziale: un corridore che a due passi dal traguardo e a pochi centimetri da me è inciampato e si è accasciato al suolo esausto. Un corridore che ha finito la maratona a piedi nudi! (a febbraio!). Padre e figlio, suppongo, che l’hanno finita a braccetto. Una coppia che ha tagliato il traguardo mano nella mano e una serie infinita di costumi pittoreschi.
Tutti queste foto però sono impresse dentro di me in maniera più nitida di quelle che sono riuscito a scattare, perché fondamentalmente sono quelle che più mi hanno colpito facendo passare il resto in secondo piano.
Una menzione particolare a questo eroe, che ha dimostrato a tutti i presenti e al sottoscritto in particolare che nella vita non è determinante ciò che ti viene dato, ma lo sono le motivazioni che riesci a trovare dentro di te! Al passaggio dei 42,195 km il cronometro segnava cinque ore e mezza, Grobberio Andrea a 24 anni terminava la sua prima maratona un ora più tardi!!!
P.S. Per chi fosse interessato, la maratona di Kyoto 2014 contava oltre 16.000 iscritti nonostante la richieste pervenute fossero state ben tre volte superiori ed il tempo limite all’arrivo era di 6 ore.
Caro Andrea,
bell’articolo, bravo. Nonostante l’apparente superficialità dell’argomento hai saputo indicare chiaramente il tuo pensiero. Condivido la tua filosofia di vita e ti sostengo nel vivere “giorno per giorno”: è così che si vive al meglio. Certo che a volte qualcosina bisogna pianificarla, ma di base vivere l’attimo presente è quello che dà le soddisfazioni maggiori.
Da parte mia posso dire che avendo lavorato “dietro le quinte” per i giochi olimpici ho avuto modo di vivere quello che ti descrivi quando ho lavorato per i giochi para-olimpici: molta più umanità e condivisione dei propri successi, nonostante forse non ci fosse alcun record mondiale ma solo un record personale. L’umanità degli “ultimi” è molto più grande e ripaga gli sforzi!
Continua così, bravo.
Uomo_Linux
Ciao Uomo Linux, che piacere risentirti!
Spero ti vada tutto bene!
Si, devo dire che nonostante io cerchi di sposare il più possibile la filosofia del vivere giorno per giorno devo inequivocabilmente fare i conti con la mia formazione occidentale! Per quanto ai nostri occhi io possa sembrare sbarazzino, agli occhi di un asiatico (giapponese escluso!!) pianifico fin troppo eventi che non sarò mai in grado di controllare!
Diciamo che non mi faccio il sangue amaro pesando al futuro ma provo comunque una certa invidia per culture differenti dalla nostra, molto più fataliste, meno intraprendenti se vogliamo ma comunque all’apparenza molto più serene!
Sai, oggi ho ricevuto un SMS che parlava della vita come di un treno. Quando nasciamo, è come se salissimo su di un treno a una stazione; a bordo ci sono già dei passeggeri e con alcuni si discute, con altri non ci sono scambi. Un po’ come nella vita (famigliari, amici e sconosciuti). Poi qualcuno scende a una stazione, altri salgono e… non sappiamo mai a quale stazione noi scenderemo (moriremo).
A me ha fatto pensare alla vita che continua dopo la morte: in una stazione scendiamo da un treno per prenderne un’altro. Quando siamo nati, da un treno che abbiamo preso precedentemente siamo scesi e su questo siamo saliti. Insomma, una bella metafora!
Ora, se le nostre aspettative per il futuro sono alte la probabilità di vivere delle frustrazioni è anche alta perché, come scrivi, se pianifichiamo troppo gli eventi che non saremo mai in grado di controllare basta un minimo per restare delusi!
Personalmente non credo ci sia incoscienza in quelle culture che dici fataliste e meno intraprendenti della nostra; credo piuttosto che vivano effettivamente più sereni e soprattutto più a contatto con l’essenza della vita.
Se poi spigessimo il ragionamento all’estremo ecco che il voler sempre controllare tutto denoterebbe addirittura una patologia… come potremmo vivere serenamente in una tale situazione? Ecco che in passato anche il poeta Orazio scrisse: ” carpe diem quam minimum credula postero”. Non possiamo conoscere tutto e tanto meno dominare tutto. A mio modo di vedere chi riesce a capire questo e adattare il proprio stile di vita ha grandi probabilità di vivere felice e sereno.
Inoltre tu meglio di me hai visto e vedi che la “nostra” cultura occidentale è solo una fra le tante… e non è assolutamente detto che sia la migliore, anzi! Mi sembra che tu abbia trovato/adottato quella che per te è la più adatta: ricorda che non c’è giusto e sbagliato e che siamo tutti diversi, ognuno speciale nella sua unicità.
Buon viaggio a tutti! 😉
Uomo_Linux
Ciao andrea, il tuo blog è molto interessante per chi vuole conoscere meglio la cultura giapponese! Ho conosciuto un tuo amico di rovereto,max, che fa il cuoco,marito di veronica..mi ha dato lui il tuo nome perche gli raccontavo che abbiamo in programma un viaggio in giappone.
saremo a kyoto il 24 marzo e leggendo le tue esperienze sono sempre piu curiosa di entrare in contatto con questa cultura cosi diversa e lontana da noi!! Complimenti x il blog!!
francesca
Ciao Francesca! Grazie per i complimenti! Grandi Max e Veronica…. diciamo che abbiamo una grande passione in comune!
Cavoli 24 marzo?!! Non manca poi molto!!! Siete pronti? Se Vi fa piacere quando sarete arrivati contattatemi tramite mail (andrea.jobb@gmail.com) o FB (andrea grobberio). Tempo di entrambi permettendo potremmo fare una bella chiacchierata a riguardo!
Ciao
Andrea