E successo tutto talmente in fretta che non abbiamo nemmeno avuto il tempo di rendercene conto. Solo ora, purtroppo, cominciamo a realizzare.
Mio suocero era malato da tempo e ultimamente le sue condizioni di salute stavano inesorabilmente peggiorando, ma quando si ama a tal punto una persona si perde spesso il raziocinio e si comincia a sperare nel miracolo, solo per questa volta, solo perchè si tratta di lui.
Rientrato in Giappone, l’impatto con il Suo “nuovo” aspetto fisico è stato traumatizzante. 20 chili in meno, 20 anni in più rispetto solo a 8 mesi prima quando lo vidi per l’ultima volta.
Le sue prime parole, o meglio sibili nei miei confronti sono state di scuse per non essere riuscito a spendere più tempo con me. Già presagiva qualcosa. Già fa capire che tipo di uomo mi sono trovato di fronte.
Fermo immobile su un letto, il corpo scheletrico martoriato da piaghe ed ematomi, la malattia gli aveva tolto anche la naturale funzione di deglutire e frequentemente con una cannetta di plastica, passando dalle narici dovevamo arrivare giù fino in gola ad aspirare saliva e catarro per evitargli il soffocamento. Penso che non dimenticherò mai il suono di questa straziante pratica in vita mia.
Ma Yasuo non si lamentava, teneva duro, voleva guarire.
Gli ultimi giorni le mie speranze di vederlo in salute persero le fondamenta sulle quali avevo basato queste credenze. Purtroppo come da referto medico, non c’era speranza di un miglioramento delle sue condizioni, per quante soluzioni avremmo potuto adottare, saremmo solamente riusciti a tenerlo con noi qualche tempo in più, che nella mia testa suonava ormai come un “allungargli un inutile agonia”.
A questo punto c’era solo una cosa da poter fare per cercare di asportargli la troppa acqua presente nei polmoni. Una pratica che in gran parte del mondo, Giappone escluso è vietata perchè considerata troppo dolorosa, forare il polmone dall’esterno e risucchiare l’acqua con una cannetta apposita. Con questo, avremmo potuto tenerlo tra noi anche qualche mese in più, forse, altrimenti sarebbe stato destinato a spegnersi da li a poco. Ma la decisione spettava alla famiglia.
Informati i fratelli, entrambi in carriera ed entrambi residenti a Tokyo, in poco più di due ore arrivarono al suo capezzale. Ci furono pareri contrastanti. I romantici optavano per la soluzione più drastica, i più cinici per il naturale epilogo. Io ovviamente mi astenevo dall’esprimere giudizi anche se in cuor mio speravo la spuntassero i secondi.
Solo un paio d’anni prima sfidavo quell’uomo in estenuanti partite di tennis e al ritorno bevevo con lui fino a tarda notte mentre ora aiutavo i suoi cari a girare su un lato il suo fragile corpo per pulirne le feci e somministrargli farmaci analmente. Che senso avrebbe avuto continuare cosi?
Gli ultimi giorni il respiro, ormai indotto artificialmente tramite una macchina per l’ossigeno, si faceva sempre più affannoso e dovevamo fare i turni per stargli sempre accanto. Ognuno di questi poteva e sembrava davvero essere l’ultimo, ma poi ne seguiva sempre a fatica un altro. Era straordinario in questo. Dopo qualche ora in quella stanza con lui, lo stesso tuo respiro funzionava all’unisono e uscivi di li completamente distrutto tale era la sensazione che ti mancasse il fiato.
Il mattino successivo al “summit” familiare sarebbe arrivato a casa il medico curante per ricevere l’esito dell’incontro e comportarsi di conseguenza. Qualche ora dopo ci avrebbe raggiunti anche il fidanzato della figlia maggiore.
Arrivò il medico. Prima ancora di sapere la decisione presa visitò Yasuo e una volta uscito dalla stanza tolse la famiglia dall’inutile incombenza. A distanza di un solo giorno dalla precedente diagnosi, era ormai troppo tardi. L’unica cosa da fare era stringersi a lui e stargli vicino. Il dottore se ne andò e noi rimanemmo senza parole. Entrammo nella stanza tutti assieme e fu allora che Anna, la sorella maggiore, presa per mano dal fidanzato fece vedere l’ecografia al padre. Anna è in cinta. Scoppiammo tutti in un pianto a dirotto. Non ho ricordi dell’ultima volta che mi successe una cosa del genere. Era tutto troppo….. troppo!
Nel frattempo Anna con le lacrime agli occhi diceva al padre di non fare scherzi, che avrebbe dovuto guarire presto perchè il nascituro aveva bisogno di un nonno in salute, di mettercela tutta, lui annuiva con la testa, noi sapevamo, e ora piangevamo in silenzio.
Solo due giorni dopo Yasuo ci ha lasciati.
Cio che in parte mi consola è che sia stato nonostante tutto un lieto fine. Mayumi, Anna, la madre ed io eravamo presenti nella stanza gli ultimi istanti della sua vita. In quei giorni ci alternavamo sempre, difficilmente riuscivamo ad essere presenti tutti assieme nella sua stanza. C’era chi andava a fare la spesa, chi dormiva il giorno perchè la notte aveva vegliato su di lui, chi preparava da mangiare, … ma non in quel momento! Alle 17 di quel bruttissimo martedì pomeriggio stranamente eravamo tutti accanto lui. Beh, se mai dovessi immaginare la mia morte, penso che non ci sia epilogo migliore che chiudere gli occhi con l’immagine delle donne più importanti della mia vita che mi stringono la mano!
Per quanto mi riguarda devo moltissimo a Yasuo, mi ha lasciato una grandissima responsabilità. Mi ha insegnato cosa vuol dire essere padre di famiglia. Non a parole, ma semplicemente coi fatti. In una società come quella giapponese, dove il lavoro viene prima di tutto, una moglie che lascia il posto in cui lavora a pochi anni dalla pensione, una figlia che torna dall’altra parte del mondo e due businessman che prendono una settimana di ferie senza preavviso per stargli accanto (sembra scontato per noi ma qui davvero non lo è affatto) beh, vuol dire che sei stato non solo un buon padre e marito, ma probabilmente il migliore che potessero mai avere! E allora forse la grandezza di un uomo si misura proprio in questi frangenti. Ho conosciuto moltissime persone facoltose morte in solitudine nel letto di un ospedale, tampinate solamente da inutili avvoltoi interessati a tutt’altro che la loro salute. Più difficile invece è trovare persone che nonostante un destino già scritto spendano denaro di tasca propria per comprare costosissimi oggetti che possano alleviare il dolore di chi amano a poche ore dalla loro dipartita. Tutto il resto non conta.
Dal canto mio sarò ben felice di confrontarmi con il suo ricordo e onorare la Sua persona ricoprendo questo ruolo al meglio!
Grazie Yasuo
Ciao..Mi sono commossa. Ho pianto. Per l Amore presente nelle vostre vite. Per l immagine di un uomo pieno di Amore che ha ricevuto nel modo migliore (famiglia intorno..nuovo arrivo…)…il giusto epilogo di una vita evidentemente all insegna dell Amore donato. Continuate cosi. Lui e’ felice di voi e resta con voi 🙂
“La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami!Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore,ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.
E’ una delle Lettere di Sant’Agostino o meglio, è attribuita a lui ma è stata scritta dall’inglese Hanry Scott Holland.
Ciao Alessia,
che piacere risentirti.
Grazie per le splendide parole, sei una persona interessantissima.
In effetti non è stato facile, ma ora è tempo di voltare pagina, col sorriso sulle labbra.
Un mio ex vicino di casa una volta mi diceva che attraversare un esperienza così dolorosa è un pò come passare dentro un tritacarne, si entra duri e tutti d’un pezzo e si esce ammorbiditi ma tutti assieme.
In effetti questa naturale evoluzione della vita ci ha resi momentaneamente più sensibili e bisognosi di dare e ricevere amore l’un l’altro e sopratutto ha avvicinato anche fisicamente questa parte della mia famiglia. E’ bellissimo vedere madre e figlia che si abbracciano! Un altro regalo di mio suocero! Prima, vuoi per la cultura di questo popolo o per il troppo imbarazzo, non l’avevo mai visto fare!
Grazie ancora!
Caro Jobbe, é così: dal momento che si nasce ognuno sa che è destinato, un giorno, a morire; questa è la nostra unica certezza.
Tutto quel che c’è stato prima e tutto quel che ci sarà dopo la nostra vita non lo si conosce, ma quel che resta è quello che si è fatto durante la propria vita. Non sta a noi giudicare, ma possiamo guardare e imparare.
Tutto ciò che avremmo voluto fare e che non abbiamo mai fatto non potremo più farlo, quindi è bene fare quel che sentiamo giusto di fare finché possiamo.
Mi sono commosso leggendo il tuo testo, ma è leggendo il commento di Alessia che non ho più potuto trattenere le lacrime. Un abbraccio, in tante culture un tabù, se fatto con il cuore… quanto può dare!
Pace
Grandi Ragazzi ❤ Buona Vita. Buon tutto. 🙂
Grazie Uomo Linux,
in effetti durante la cerimonia funebre, la voce narrante raccontava che secondo alcune credenze buddiste, prima di venire al mondo si viene chiamati a rapporto da un entità superiore la quale ci espone chiaramente quando e come andremo a morire, e in quel preciso istante starà a noi decidere se voler nascere o meno. Il senso di questo racconto, secondo la traduzione dei presenti era quello di non disperarsi per il defunto perchè lui per primo era consapevole in un altra dimensione, di ciò che sarebbe andato in contro scendendo sulla terra, e ha deciso comunque di farlo convinto che ne valesse la pena.
Mi piace leggerti, ti ho linkato!!
Grazie Francy, troppo gentile!
..mi hai fatta piangere! …il dolore che si prova nel veder spegnersi un genitore è una cosa che ti segna… profondamente, oso dire. Si è solitamente abituati a vedere il proprio padre come INVINCIBILE. Il nostro EROE. Specie noi donne, che da bambine immaginiamo di sposarci col proprio PAPY (assurdo ma vero, agli occhi dell’innocenza!)… e vederlo in un letto, inerme, totalmente dipendente da altri e da macchine… ti crolla il mondo addosso…
Un abbraccio a Mayumi…!
Ciao Silvia,
purtroppo tu meglio di me sai cosa vuol dire.
Sono cose dolorose che fanno nascere interiormente una serie di interrogativi ai quali è impossibile dare una risposta.
Ma la vita come tu mi insegni va avanti, e deve andare avanti come nella citazione di Alessia, pensando che le persone non se ne vadano mai veramente ed anzi, forse la morte spesso, per fortuna, cancella solo i ricordi negativi di quella persona amplificandone quelli positivi, responsabilizzandoci ancor di più!
[…] e di fatto aveva i giorni contati. Descrissi quei giorni drammatici in un vecchio post: La ricchezza di un uomo. Sta di fatto che una volta resisi conto della situazione, tutto il resto passo` in secondo piano e […]